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domenica 3 febbraio 2008

L'informazione nel "villaggio globale" 2.0

Le notizie su internet battono giornali, radio e televisione. Ormai è un dato di fatto.
Philip Meyer, studioso dell'editoria americana, sostiene che l'ultima sgualcita copia su carta del "New York Times" sarà acquistata nel 2043. Ma è lo stesso editore del giornale, Arthur Sulzberger, a replicare in maniera ben più pessimistica: "non so davvero - ha detto Sulzberger - se saremo ancora in edicola fra cinque anni. E sapete cosa? Non me ne importa". Il giornale più prestigioso del mondo ha iniziato un viaggio di transizione verso internet e nei piani del management c’è anche la data in cui l’edizione su carta non sarà più stampata.
Così come quelli del New York Times, la quasi totalità degli editori ha introdotto novità per aumentare le vendite. Dai calendari ai libri, dai cd musicali ai dvd e vhs. Ma queste novità non bastano. I giornali non si leggono.
E’ l’informazione che cambia. Internet dà la possibilità di un’informazione ad hoc, cosa che la carta stampata non consente. Con i giornali, con i tg, con i radio giornali, più in generale con i tradizionali mezzi di informazione, la selezione delle notizie viene dall’alto. Il pubblico non ha strumenti per poter decidere su cosa informarsi e cosa invece trascurare. Con Internet è l’utente a decidere. E’ possibile consultare ogni sito pubblico, compresi quelli meno professionali, quelli meno attendibili, quelli illegali addirittura. Non siamo limitati alle zone residenziali e “controllate” del “villaggio globale” di Mc Luhan in cui ormai viviamo ma possiamo visitare anche i sobborghi degradati. Il tutto, come se non bastasse, gratuitamente. Emerge ovviamente una problematica: l’attendibilità. E’ necessario spirito critico. Bisogna saper discernere, valutare e verificare. Per anni ci si è fidati, a volte sbagliando, di ciò che radio e tv hanno trasmesso come notizia. Sono passati, d’altronde, 70 anni dall’esperimento di Orson Welles e la sua indimenticabile “guerra dei mondi”.
Con internet chiunque può informare, chiunque può scrivere quello che pensa. Per alcuni questo è un fattore assolutamente positivo, per altri meno. Ma è così. Si va affermando, dunque, un universo di particolarismi, di soggetti e di entità che hanno da dire la loro e lo fanno attraverso il web. Innegabilmente anche questa è informazione. Un esempio emblematico, in Italia, è il blog di Beppe Grillo. Si tratta del sito web più visitato nel paese; ancor più di Repubblica.it e Corriere.it.
Per alcuni questo processo rappresenta il declino dell’informazione, per altri è semplicemente il frutto dell’innovazione tecnologica che rimpiazza, o per meglio dire incontra, i mezzi tradizionali. I rischi ci sono. Vanno affrontati. La rete è una possibilità e, in quanto tale, va sfruttata a pieno.
L’unica soluzione è sentirsi cittadini del “villaggio globale”, con tutto ciò che questo comporta.

venerdì 25 gennaio 2008

Bee movie, api poco pungenti






Barry Benson è un’ape neo-laureata. Come tutti i giovani è incerto e si fa domande sul proprio futuro. Scontento della prospettiva di svolgere a vita lo stesso lavoro, cioè produrre il miele, sia pure con la scelta tra 3000 tipi di impieghi nella Honex, sogna di avventurarsi al di fuori dell’alveare per entrare a contatto col mondo degli umani. Proprio l’incontro con una donna, una fioraia di Manhattan di nome Vanessa che gli salva la vita nella sua prima gita fuori dall’alveare, gli farà infrangere una delle regole fondamentali del mondo in giallo e nero: non parlare con gli umani. Tra i due è subito amicizia, finché Barry non scopre che gli uomini si appropriano e vendono il miele, frutto del duro e quotidiano lavoro delle api. Per Barry questo è un furto vero e proprio e, in quanto tale, deve essere denunciato e punito. Prenderà così il via un processo i cui imputati sono da un lato i produttori di miele e dall’altro l’immensa comunità delle api.
Dopo Shrek 3, la Dreamworks presenta dunque il più atteso film del Natale 2007: Bee movie. La magia dell’animation computerizzata consente di conoscere meglio il mondo di questi insetti e permette di esplorare le loro vite nascoste. Scritto, prodotto e interpretato dal popolare attore del Saturday Night Live Show, Jerry Seinfeld, l’animazione tenta di sensibilizzare il pubblico nei confronti di delicate tematiche ambientali. Chiunque abbia lavorato nella produzione è partito dalla volontà di “pensare come le api” connotando in positivo situazioni e luoghi comuni che le dipingono come aggressive e fastidiose. Non ci si stupisce, infatti, quando l’ape, con disinvolta naturalezza, parla con la giovane fioraia. I loro discorsi sembrano tutto, fuorché qualcosa di bizzarro.
La naturalezza e la semplicità che caratterizzano la pellicola, però, non bastano. I personaggi, tranne nel caso del protagonista, non sono ben definiti. I due “antagonisti” del film, l’avvocato dei produttori di miele e il fidanzato di Vanessa, personaggi buffi e divertenti, non sono approfonditi e sembrano far parte della storia solo per dare continuità alle gag dell’autore.
Bee movie, eccetto alcune scene e sketch, come quella del parabrezza o gli sbeffeggiamenti a Sting e Ray Lotta, non coinvolge. A differenza della saga di Shrek, lascia piuttosto distaccato lo spettatore. Si sorride, è carino, brillante. Ma niente di più. E’ giusto, politicamente corretto, forse troppo corretto. Con tanto di morale, quella ecologista. Ma alla fine della visione sembra che qualcosa manchi. Anche lo slogan “nero e giallo… che sballo!” non resta impresso.
Altro punto a sfavore è che, pur essendo stato girato con tecniche tridimensionali, in Italia il film non può essere visto in 3D con gli occhialini, in quanto le sale a nostra disposizione non hanno proiettori adatti. In questo caso la colpa non è della produzione ma questa carenza tecnica contribuisce a ridimensionare ciò che era stato preannunciato come un grande successo dell’animazione computerizzata.

domenica 13 gennaio 2008

"Salvi nella speranza", non dalla censura

Luttazzi probabilmente non è simpatico. E’ troppo volgare. Non è divertente. E’ offensivo. La sua resta, in ogni caso, una comicità, se così può essere definita, atipica. Ne ha combinate di tutti i colori. Alcuni hanno riso, altri si sono annoiati. Altri ancora offesi. E’ stato cacciato da Berlusconi e sette mesi fa è tornato. E ora il suo programma “Decameron” viene sospeso.
In un paese libero quale dovrebbe essere il nostro, è legittimo esprimere opinoni. E Luttazzi ha espresso le sue. Per alcuni offensive, ben radicate, a tratti irriverenti. Ma pur sempre opinioni. E forse il problema è proprio questo. Capire quale sia il limite della comicità. La satira come offesa pubblica o un’offesa ai professionisti della satira?
Si diceva che il programma fosse stato sospeso per degli insulti nei confronti di Giuliano Ferrara. Ma il motivo in realtà è un altro. Luttazzi ha espresso le sue opinioni sulla Chiesa e sul Papa. Ha fatto quello che forse tanti avrebbero voluto fare. Ha criticato l’ultima Enciclica di Benedetto XVI. Lo ha fatto passando da un argomento all’altro e toccando temi di grande attualità. Dalle coppie di fatto all’eutanasia. La Chiesa teme le unioni omosessuali. Ma se è un tema così importante, dice giustamente Luttazzi, com’è che Gesù non dice una parola in merito ma al contrario ne dice tante sulla tolleranza, l’accettazione, il non giudicare? Il comico ha definito l’Enciclica “Spe Salvi” più divertente di un barile pieno di anguille. Ha affermato la pericolosità delle religioni. “Esse operano un plagio di massa che ha una funzione sociale di controllo; e che diventa pericolosissimo quando la religione tende a far coincidere il peccato col reato, e a condizionare l’attività dei governi”. Divertente il passaggio sul profilattico. “Il preservativo, a quanto pare, è contro gli insegnamenti di Cristo. Anche se Cristo non ne ha mai parlato...”. Ha ribadito la necessità della separazione tra Stato e Chiesa così come la aveva indicata Gesù deducendo quindi che, “se il Papa è Cattolico, Cristo non lo era”.
Luttazzi ha mosso un’abile critica; voleva dire cose che nel nostro paese vengono censurate. E alla fine così è stato. L’episodio ricorda vagamente il caso della censura preventiva dell’inchiesta Bbc sui preti pedofili. Come se un pedofilo, essendo prete, avesse il diritto ad essere coperto e protetto.
Dopo la chiusura del programma il comico ha spostato il set al teatro Ambra Jovinelli di Roma. Forse lì è il sipario a garantire uno spazio libero di rappresentazione della realtà. Frutto di tenacia e determinazione. Coerenza e spirito critico. Caratteristiche rare nella nostra società. Tanto di cappello.