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mercoledì 24 ottobre 2007

I simpson diventano umani

La sigla iniziale della serie tv "I simpson" in versione umana.
E' stata utilizzata quest'anno dal canale inglese Sky One per inaugurare la 17° serie ed è stata inserita all'inizio di un episodio trasmesso dalla Fox il 26 marzo 2006 nel corso della diciasettesima stagione televisiva americana.
Da anni (almeno dal 2001) si parla di un film sui Simpson; non un cartone ma un film con attori veri e propri. I roumors circa la vicenda sono tornati di attualità proprio perchè, da qualche tempo, in Rete circola questo video.

Nel primo video si può vedere la sigla con Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie in carne ed ossa, nel secondo invece scorrono fianco a fianco le sequenze della sigla umana con quella del cartoon.




L'informazione che cambia


Un regime militare al potere che per quarantacinque anni è riuscito ad isolare il Myanmar ( ex Birmania) dal resto del mondo.
Totale simbiosi tra potere politico e sistema mediatico; di fatto il regime ha monopolizzato tutti i mezzi di comunicazione.
Migliaia di coraggiosi monaci buddisti che grazie ad un alleato come Internet fanno sapere al mondo cosa succede nel loro Paese.
Un giornalista giapponese ucciso o, per meglio dire, "assassinato" mentre filmava le cariche della polizia contro i dimostranti.
Un video che, diffuso rapidamente, testimonia l'assassinio del reporter. Tale documento mostra chiaramente al mondo libero come, in realtà, si sia trattato di un'esecuzione. Viene così smentita, grazie alle nuove forme di comunicazione, la versione ufficiale della giunta secondo la quale l'uomo sarebbe stato colpito da un "proiettile vagante".

Segno dell'informazione che cambia.

Web 2.0, il viaggio




Le notizie su internet battono giornali e televisione. Questo è il concetto che emerge sfogliando tutti i quotidiani degli ultimi giorni. In realtà non si tratta di una novità, sono anni che si parla della crisi della carta stampata a favore dell'informazione in rete.
Philip Meyer, studioso dell'editoria americana, sostiene che l'ultima sgualcita copia su carta del "New York Times" sarà acquistata nel 2043. Ma è lo stesso editore del giornale, Arthur Sulzberger, a replicare in maniera ben più pessimistica: "non so davvero - ha detto Sulzberger - se saremo ancora in edicola fra cinque anni. E sapete cosa? Non me ne importa". Il giornale più prestigioso del mondo ha iniziato un viaggio di transizione verso internet e nei piani del management c’è anche la data in cui l’edizione su carta non sarà più stampata.
Questo esempio è utile per capire la situazione che attualmente caratterizza la carta stampata e più in generale il mondo dell'informazione. Sempre più si affermano fonti di informazione in rete e sempre meno queste fonti di informazione sono i siti web dei quotidiani nazionali.
La novità assoluta, però, è che per la prima volta anche la televisione e di conseguenza l'informazione televisiva, sembrano entrare in crisi. Da una ricerca dell'"Associazione europea degli editori online", risulta che il 19% degli intervistati guarda meno la tv. Gli accessi alla rete nel prime time serale, infatti, sono arrivati al 67%. Ed è proprio questo, secondo gli autori della ricerca, il dato più stupefacente da prendere in considerazione.
Si va affermando dunque un universo di particolarismi, di soggetti e di entità che hanno da dire la loro e lo fanno attraverso il web. Innegabilmente anche questa è informazione.
Un esempio emblematico, in Italia, è il blog di Beppe Grillo. Si tratta del sito web più visitato nel paese; ancor più di Repubblica.it e Corriere.it che vantano comunque un elevato numero di accessi.

Alla base di tutto questo c'è quel concetto che prende il nome di Web 2.0.
Una definizione chiara ed esaustiva non esiste ma per capire di cosa si tratta, a mio parere, può essere interessante prendere in considerazione i dieci punti elaborati dal giornalista ed editore londinese Ian Delaney in base alle definizioni date da Tim O’Reilly in "What is Web 2.0", da Paul Graham nel suo "Web 2.0" e da Jason Fried nel libro "User Survey":




  1. La saggezza degli utenti: con questa definizione pensiamo direttamente al funzionamento di Digg.com, in cui il successo di un articolo è deciso dagli utenti che lo votano. La gente parla della forza dell’"Effetto della rete". I risultati di Google funzionano in base a questa definizione. E’ il numero di link al sito che ne decide l’importanza.



  2. Applicazioni web condivise: se applichiamo questa definizione, allora solo alcuni siti verrebbero classificati come Web 2.0: Basecamp, Writely e 30Boxes. Ma se pensiamo a Google e a Digg come applicazioni, allora molti altri siti rientrerebbero nella categoria.



  3. Il web inteso come piattaforma: secondo Tim O’Really, che ha coniato questo concetto, significa mettere a disposizione un servizio che non potrebbe vivere senza il web. In quest’ottica, allora pensiamo a eBay, Craiglist, Wikipedia, del.icio.us, Skype e Dodgeball. Partendo da questo presupposto ogni Community rientra in questa definizione.


  4. Partecipazione degli utenti: questo è il punto fondamentale che divide i vecchi siti dai nuovi servizi web come YouTube, Flickr e OhMyNews dove gli utenti sono anche gli autori. L’espressione "read/write web" illustra chiaramente l’idea che vogliamo trasmettere.



  5. Pieno coinvolgimento dell’utente: i siti Web 2.0 usano CSS, AJAX, e altre tecnologie che aumentano la fruibilità e creano pagine dinamiche che sono in grado di mostrare più informazioni nello stesso spazio.



  6. Neologismo per Marketing: questo è almeno quello che gli scettici dicono. Così Google search, Amazon ed eBay, che fanno parte del Web 2.0 per una o più delle loro caratteristiche, sono solo una sorta di moderna moda passeggera destinata a sparire.



  7. L’importanza dei dati: la gestione dei dati è una competenza insita nelle aziende che trattano il Web 2.0. "L’SQL è il nuovo HTML" è un’altra definizione che segue la stessa filosofia. Tutto il Web 2.0, dalle grandi aziende come Amazon e Google per arrivare alle piccole startup come 30boxes e Orchestrate, operano principalmente con database e praticamente non fanno altro che mostrare viste personalizzate.



  8. Beta per sempre: le applicazioni Web 2.0 sono continuamente rilasciate, riscritte e rivisitate su basi in continuo sviluppo. La maggior parte delle applicazioni di Google, per esempio, sono ancora in beta. Ancora, Flickr si rumoreggia sia modificato ogni 30 minuti. MySpace e altre reti sociali aggiungono nuove caratteristiche ogni quindici giorni. Questa è comunque diventata una caratteristica anche delle applicazioni stand-alone, basti pensare a Windows e MacOs che rilasciano fix e patch in continuazione.



  9. Usare il web come è stato ideato: Paul Graham riferisce di un incremento nella fruibilità che è stata raggiunta attraverso un buon design, grazie a tecnologie come AJAX e anche perchè è stato permesso agli utenti di organizzare le loro informazioni liberamente.



  10. Nulla: molti asseriscono che il Web 2.0 non esiste. Personalmente trovo difficile condividere questa risposta. Semplicemente perchè se da un lato è difficile trovare una definizione chiara, dall’altro è anche innegabile una lenta rivoluzione nei nuovi siti. E’ come voler descrivere il mondo con il solo bianco e nero. Esistono le gradazioni e le tonalità che dipingono meglio gli oggetti e la realtà. La stessa cosa credo si possa dire delle nuove applicazioni. Inoltre il Web 2.0 è ancora una espressione giovane. Ci rendiamo conto di cosa sia, ma non riusciamo ancora a definirne i contorni.

Questa riportata è una traduzione dei dieci punti di Delaney; il link per poter visualizzare il testo in lingua originale è http://twopointouch.com/2006/08/17/10-definitions-of-web-20-and-their-shortcomings/